Cosa ne pensa lo psicologo sulla condizione emotiva nel bambino di bassa statura?

 

COSA NE PENSA LO PSICOLOGO
SULLA CONDIZIONE EMOTIVA
NEL BAMBINO DI BASSA STATURA?

A CURA DI
Roberta D’Aprile
Psicologa- Psicoterapeuta Associazione A.Fa.D.O.C. (Vicenza) Ottobre 2010

 

Tutte le condizioni che intaccano la naturale spinta evolutiva alla crescita rappresentano una fonte di stress e di possibile disagio per i bambini e per gli adulti che lo accudiscono (“adulti significativi” come i genitori ed i nonni).

Si pensi alle più comuni forme di esortazione e/o di elogio che gli adulti rivolgono ai bambini: “Coraggio, mangia, che devi diventare grande!”; oppure, con concitato entusiasmo: “Ma come sei diventato grande!”.

Il “diventare grandi” rappresenta il progetto di vita di ogni bambino e la statura l’aspetto più evidente di questo obiettivo.
In adolescenza esso raggiunge il suo picco di realizzazione, gravitando attorno alle delicate e turbolenti questioni dello sviluppo puberale e sessuale.

La statura, tuttavia, rappresenta il primo dato concreto e una delle primissime informazioni che si impongono agli occhi degli altri e di se stessi, quando ci si pone di fronte a uno specchio; di solito ad essa si associano giudizi valoriali che attribuiscono una valutazione positiva all’alta statura, in termini di bellezza, successo e apprezzabilità, e una valutazione negativa alla bassa statura in termini diametralmente opposti.

Una tale comune tendenza di attribuzione, si inserisce in un’epoca storico-culturale in cui vige il mito dell’immagine, permeato dai “must” dell’omologazione (necessità di imitare dei modelli) e della perfezione a tutti i costi.
Ritengo utile e prezioso inserire una riflessione sugli aspetti psicologici, sociali e relazionali legati alla bassa statura, esplicitando alcune importanti premesse.

  • 1) In assenza di sufficienti condizioni organiche e/o psicologiche che diano significatività clinica alla bassa statura, quest’ultima non è, e non può essere considerata o trattata come una malattia da curare o da combattere, ma piuttosto una semplice variante del normale pattern di crescita.
    Questa premessa vuole richiamare alla responsabilità di tutti gli adulti significativi e di quanti lavorano nel campo dell’educazione e della promozione della salute ad andare contro-corrente, nella direzione di un recupero di quei valori e di quegli strumenti che restituiscano dignità e legittimazione all’unicità e all’irripetibilità di ogni essere umano.
  • 2) Pur in presenza di condizioni mediche e/o psicologiche che giustificano un intervento di natura farmacologica allo scopo di migliorare il problema della bassa statura, questo intervento non può essere disgiunto da una presa in carico più globale, allo scopo di garantire una crescita non solo fisica, ma anche psico-affettiva e psico-relazionale.

Solo in questo modo è possibile affrontare il problema della bassa statura senza cadere in trappole riduzionistiche e in atteggiamenti collusivi rispetto a quei valori che alienano l’essere umano da se stesso e che allontanano dalla realizzazione di una cultura di promozione della salute, così come globalmente intesa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’OMS parla di “Promozione della salute” come di un processo socio-politico globale, che investe non soltanto le azioni finalizzate al rafforzamento delle capacità e delle competenze degli individui, ma anche quelle azioni volte a modificare le condizioni sociali, ambientali ed economiche, in modo tale da mitigare l’impatto che esse hanno sulla salute del singolo e della collettività. La promozione della salute è intesa, in definitiva, come il processo che consente alle persone di acquisire un maggior controllo dei fattori determinanti della salute e, di conseguenza, di migliorarla.

Da questa definizione emergono già alcune importanti linee-guida rispetto agli interventi che si possono attuare di fronte ai più comuni problemi che si riscontrano nei bambini con bassa statura, a prescindere dalle sue cause.

La bassa statura sembra influire sulla percezione che il bambino ha di Sé e sulla percezione da parte dell’ambiente familiare e scolastico, che rimanda a un’immagine di immaturità e di inadeguatezza. Il bambino di bassa statura viene facilmente percepito come “piccolo”, più piccolo rispetto all’età anagrafica e questo può portare i genitori a porsi in relazione con lui con un atteggiamento che non favorisce il processo di autonomia e di responsabilizzazione.

Inoltre l’atteggiamento protettivo, che normalmente si riserva a un bambino “piccolo”, rischia di diventare iper-protettivo se non è in sintonia con l’età anagrafica del bambino, perpetuando un circolo vizioso di dipendenza.

Nella presa in carico di bambini con bassa statura può diventare prezioso, quindi, un supporto psico-educativo rivolto ai genitori, che permetta loro, anzitutto di migliorare e/o aumentare la consapevolezza dell’immagine che essi hanno del loro bambino, per poi adeguarla all’età anagrafica e poter mobilitare atteggiamenti e comportamenti nuovi, volti alla promozione di una maggiore autonomia e indipendenza del figlio.

Un’altra caratteristica spesso riportata dai genitori di bambini con bassa statura è una maggiore aggressività dei bambini, che può assumere le forme di un’aggressività attiva o passiva, verso se stessi o verso gli altri, o al contrario forme di chiusura e ritiro sociale, comportamenti che spesso i genitori fanno fatica a capire e a gestire. Così come i sintomi fisici sono il segnale di un qualcosa, anche le manifestazioni comportamentali “significano” sempre qualcosa. E spesso l’aggressività nei bambini, come anche il silenzio o il ritiro sociale, esprimono sentimenti e vissuti di rabbia; rabbia che spesso rappresenta solo la punta di un iceberg sotto il quale si celano altri sentimenti di inferiorità, di scarsa autostima, di paura di non farcela.

Dare voce a queste emozioni può rappresentare, a questo punto, l’unico modo per evitare che diventino “emozioni agite” in modo disfunzionale nella relazione con se stessi e con gli altri, genitori o coetanei.
Un percorso di sostegno psicologico al bambino e/o alla famiglia può configurarsi come spazio di “alfabetizzazione emotiva”, e di mediazione di modalità comunicative maggiormente funzionali alla crescita e all’instaurarsi di relazioni gratificanti in famiglia e con i coetanei.

Un’altra comune caratteristica riportata dalla letteratura riguarda poi la presenza di maggiori difficoltà scolastiche e di apprendimento nei bambini con bassa statura, in assenza di deficit intellettivi. E’ facilmente deducibile lo stretto legame tra questo tipo di difficoltà e la situazione emotiva e relazionale del bambino con bassa statura, rimandandogli continuamente un’immagine di Sé inadeguata e concorrendo allo sviluppo di una bassa autostima.

Se si pensa alla quantità di tempo che i bambini trascorrono a scuola, si intravede l’importanza di interventi di sensibilizzazione, di formazione e di supervisione nelle scuole che rendano, le stesse, luoghi di espressione delle potenzialità dei bambini e dei ragazzi, oltre che di valorizzazione delle differenze.

Purtroppo le strutture scolastiche e sociosanitarie, che potrebbero intervenire attivamente al di fuori del nucleo familiare, non hanno sempre la possibilità/i mezzi e gli operatori con formazione adeguata necessari a proteggere ed educare adeguatamente il bambino di bassa statura. Auspico pertanto che gli approcci multidisciplinari, di cui tanto si parla, non rimangano progetti scritti sulla carta ma diventino una realtà, o meglio si trasformino in una “responsabilità socio-politica”, per riprendere le parole dell’OMS, nella quale ciascuno agisca con le sue specifiche competenze, nei limiti delle proprie possibilità e con il proprio particolare e unico modo di essere al mondo.